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Teatro Romano - Teano



Via: Via Anfiteatro
Tel: 08235647201 - 0823657302



Dai Sidicini ai Romani: antiche tracce di “teatralità” teanese


Nell’antica terra dei Sidicini, popolazione italica stanziatasi nel territorio compreso tra Roccamonfina e i Monti Trebulani, corrispondente oggi all’attuale città di Teano, si collocano le rovine di ciò che è sempre stato il principale veicolo di cultura ed identità di un popolo: il teatro romano.
Quest’ultimo, originariamente inserito all’interno di una pianta urbana nella quale si dipanavano terme, templi, magazzini e piazze fortificate, è sito sulle pendici della collina detta di “Villino Sant’Antonio” nei pressi della quale si ergeva anche l’anfiteatro, delimitato ad ovest da una valle in cui sorgeva il santuario della dea Popluna, particolarmente venerata dai Sidicini come protettrice dei giovani, che passavano dall’età infantile a quella adulta sotto i suoi auspici, e della guerra.
Così collocato, il teatro romano fu costruito intorno al II sec. a.C. nell’ultima fase repubblicana dell’impero e la sua “storia architettonica” si è sviluppata attraverso il succedersi dei vari imperatori tra cui degno di nota è Settimio Severo che si assunse gli oneri del rifacimento e Gordiano III che ne concluse i lavori. La sua peculiarità è dovuta al fatto che si aggiudica il primato di teatro tra i più grandi del mondo romano e con cavea completamente sorretta da un sistema di volte.
A partire dalla facciata esterna il teatro assumeva le sembianze di un maestoso palazzo in cui l’elemento di spicco era costituito dalle colonne di marmo provenienti dalle diversa cave del Mediterraneo e disposte lateralmente su tre ordini e al centro su due ordini colossali. Nelle nicchie collocate tra le colonne era possibile ammirare tutto l’apparato mitologico del mondo greco-romano: da Venere a Dionisio, da Apollo a Fortuna. Dalle tre porte in cui era articolata la facciata si accedeva al pulpitum, il palcoscenico; mentre la cavea, ossia il posto riservato agli spettatori, era articolata nelle tre zone della ima, media e summa cavea dove è possibile immaginare il pubblico assistere rapito da qualche tragedia di Sofocle o divertito da qualche commedia plautina.
Un teatro che, come tanti altri teatri disseminati nel territorio campano e non solo, rivelava momenti di socializzazione e condivisione culturale, ma anche momenti appartenenti alla vita quotidiana come la promessa di un certo Paolino ai membri di un’associazione di una cifra per l’ammissione e di un’offerta di pane e vino.
I lavori di restauro del sito sono iniziati all’incirca nel 2004 e ancora oggi sono in corso ulteriori lavori finalizzati a riportare agli antichi fasti un sito archeologico di grandissimo rilievo culturale per la città.

Articolo scritto dalla
Dott.ssa Valeria Nerone




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